Ha fatto il giro dei mass media la notizia del rotondo indennizzo – oltre 150mila euro netti più
accessori e interessi - che un giudice del lavoro di Trapani ha
accordato ad un docente precario di educazione fisica e sostegno. La
cifra, del resto, rappresenta un vero record per questo genere di
rivalse. Ma soprattutto potrebbe dare il là ad una nuova frontiera di
ricorsi: quelli presentati per il risarcimento "anticipato" degli
stipendi riguardanti i mancati pagamenti per i futuri periodi estivi per
tutti coloro ch sono stati assunti a tempo determinato su posti vacanti
e disponibili senza il pagamento delle mensilità estive e degli scatti
di anzianità. Vale la pena ricordare, infatti, che in questa occasione
il Miur è stato sì condannato al pagamento di scatti e mensilità estive
per gli anni pregressi (2005-2011), ma soprattutto per quelli che
verranno fino all’età pensionabile, peraltro con un’addizionale del 10%
in via equitativa per i possibili mancati contratti.
Ora, al di là della singola sentenza,
quel che potrebbe venirsi a determinare è l’effetto domino. Con lo
Stato costretto a risarcire un numero impressionante di precari. A meno
che decida per la soluzione più ovvia: assumerli in blocco.
Secondo l’Anief, che ha patrocinato
il ricorso che ha dato vita all’indennizzo record, siamo di fronte ad un
caso pilota. Soprattutto perché il docente siciliano beneficiario della
congrua cifra ha dalla sua un curriculum e un periodo di servizi a
tempo determinato in linea con quello di decine di migliaia di colleghi:
ha iniziato a fare supplenze nel 2001, ma solo nel 2005 ha cominciato a
inanellare contratti, sempre a tempo determinato, di maggiore durata e
con una certa continuità. Quindi una decina d’anni di precariato e
ancora meno di supplenze più o meno continuative.
Il giorno dopo la messa in
circolazione della sentenza, l’Anief si sofferma proprio su questo
punto. “Oggi e domani – scrive il sindacato autonomo - gli italiani
sceglieranno i partiti politici e i parlamentari da cui scaturirà il
nuovo Governo: chiunque andrà a costituirlo, sappia sin d’ora che dovrà
mettere in cima all’agenda degli obiettivi quello di assumere a titolo
definitivo gli 80mila precari della scuola italiana, in servizio su
altrettanti posti vacanti. Altrimenti lo Stato italiano sarà destinato a
sborsare centinaia di milioni di euro per compensare l’abuso dei
contratti a tempo determinato, i mancati scatti di anzianità, le
mensilità estive non corrisposte per gli anni passati e per quelli
futuri fino all’età pensionabile”.
Il ragionamento dell’associazione
sindacale appare fondato: se solo una piccola parte degli 80mila precari
su posti liberi - circa 40mila docenti, in maggioranza di sostegno, ed
altrettanti tra amministrativi, tecnici ed ausiliari – dovesse avviare
un ricorso sulla scia del collega trapanese, per le casse dello Stato
sarebbero dolori. Un rischio, peraltro, che anche la Cassazione aveva
messo in luce qualche tempo fa.
E poiché il tutto torna ad emergere
proprio mentre milioni di italiani si sono recati o si stanno recando
alle urne, l’Anief coglie l’occasione per rivolgersi al Governo che si
formerà a seguito dell’esito di queste elezioni: “i nostri decisori politici – sostiene Marcello Pacifico, presidente dell’Anief
- non avranno più possibilità di scelta. I giudici del lavoro hanno
infatti dimostrato di non poter assecondare l’abuso cronico del datore
di lavoro, in questo caso lo Stato, nello stipulare contratti a termine e
‘contra legem’. Ora, poiché gli anni di precariato sono spesso a due
cifre, gli indennizzi risultano altrettanto corposi. Ma c’è dell’altro.
Perché a far pagare il giusto prezzo salato allo Stato italiano potrebbe
essere la Corte di Lussemburgo, prima ancora dei tribunali italiani: il
mancato recepimento della clausola 5 della direttiva 1999/70/Ce, solo
sulla ‘carta’ introdotta nel nostro ordinamento dal d.lgs. 368/01, in
base alla quale il datore di lavoro è obbligato ad assumere a titolo
definitivo il lavoratore se questo ha svolto almeno 36 mesi di servizio,
anche non continuativi, ha comportato infatti già l’avvio di una
procedura d'infrazione per l’Italia”.
“Non solo – prosegue Pacifico -, perché
la grave ‘dimenticanza’ determina, contestualmente, i presupposti per
trasformare i ricorsi avviati in atti di messa in mora. Con la
conseguenza di far pagare all’Italia indennizzi tutt’altro che
simbolici, visto che possono arrivare fino a 8 milioni di euro per ogni
singola denuncia”.
Certo, lo scenario che prefigura il
sindacato degli educatori in formazione è forse esagerato. Ma per il
Governo il problema precari esiste. Nel corso della campagna elettorale
tutti i candidati hanno espresso il desiderio di trovare una soluzione
alla piaga del precariato scolastico. Non è possibile, infatti, lasciare
nel limbo così tanti aspiranti docenti. Tutti abilitati, vincitori di
concorso e ritenuti abili per essere assunti a titolo definitivo.
Supplenti, peraltro, quasi sempre laureati, con perfezionamenti, master e
specializzazioni. La loro immissione in ruolo, però, non è più
solamente un obbligo morale. Alla luce della sentenza di Trapani, sembra
infatti diventare anche un necessità.
Vale infine la pena ricordare che non
troppi mesi fa la Cgil aveva realizzato uno studio sugli stipendi del
personale, con una conclusione rilevante ma passata inosservata:
l’assunzione definitiva di un precario della scuola comporta, nei primi
anni (fino al primo scatto automatico), un costo per lo Stato inferiore
del 2,5% rispetto a quella che si sostiene assumendolo a tempo
determinato. Un motivo in più per voltare pagina. E assumerli in blocco
su tutti i posti vacanti e quelli in deroga, per i docenti di sostegno.
Tecnica della Scuola