Che fine ha fatto la rilevazione
telematica delle domande ai Tfa speciali che avrebbe dovuto anticipare
la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto di modifica del D.M.
249/10 contenente le disposizioni che aprono le porte ai tirocini
abilitanti riservati? A cosa si deve questo ritardo sulla tabella di
marcia? Dal Miur non vi sono risposte ufficiali, ma è molto probabile
che l’empasse politico e istituzionale stiano avendo il loro peso. In
particolare, trattandosi di passaggi rilevanti, che comportano alte
risorse e unità di personale, si starebbe aspettando la nomina del nuovo
ministro dell'Istruzione: nelle ultime ore, a tal proposito, sono
spuntati i nomi di Maria Stella Gelmini (Pdl), per lei sarebbe un
ritorno, e di Mario Mauro (ex Pdl).
Intanto, da alcuni giorni il nostro
giornale sta ricevendo sempre più pressanti richieste di informazioni.
Del resto la “platea” di interessati a questa tornata di Tfa, riservata a
coloro che a partire dell’a.s. 1999/2000 hanno svolto non meno di tre
annualità da 180 giorni (di cui almeno una specifica nella classe di
concorso prescelta), è davvero alta: secondo il Miur i docenti precari
interessati saranno non più di 75mila. Per i sindacati il numero
potrebbe essere più alto. Sino a sfiorare le 100mila unità.
Diciamo subito, a scanso di equivoci,
che notizia fornita da noi in anteprima, sulla rilevazione anticipata
on line delle domande, era fondata. Successivamente dal Miur sono giunte
solo conferme. L’iter che attende gli aspiranti docenti è il seguente:
ad accogliere le candidature sarà l’ormai collaudato sistema
ministeriale “Polis”, che si avvale del portale internet “Istanze on line”.
Con la domanda, i docenti precari saranno chiamati a dichiarare anche
titoli e servizi. Che poi a viale Trastevere valuteranno se congruenti
rispetto a quelli previsti.
In questo modo il quadro degli
esclusi si sarebbe potuto delineare senza attendere un’ulteriore mese
successivo alla pubblicazione del decreto regolamentare di introduzione
dei Tfa speciali. E poter così svolgere la prova nazionale nel mese di
giugno.
Una verifica,
quest’ultima, composta da test a risposta multipla e finalizzata ad
accertare le capacità logiche, di comprensione del testo e di lingua
straniera del candidato. “La prova - ci ha spiegato il capo dipartimento Stellacci - si
svolgerà con ogni probabilità a giugno. Con le stesse modalità della
prova preselettiva al concorso a cattedra, collaudata positivamente
nelle recenti pre-selezioni di metà dicembre”. Stavolta non ci
saranno riferimenti, invece, all’informatica. Le competenze “tecnologie
dell’informazione e della comunicazione per la didattica” che saranno
argomento delle attività formative previste dai corsi universitari.
Anche in questa occasione la
somministrazione delle domande avrà come teatro le aule informatiche di
una serie di istituti scolastici individuati all’interno dei vari
capoluoghi di provincia. Con un computer assegnato ad ogni candidato. Ed
un “pacchetto” di 70 test, in formato rigorosamente digitale, che si
rigenereranno automaticamente.
La graduatoria di merito derivante
dall’esito di questa verifica servirà anche a stabilire l’ordine delle
ammissioni ai percorsi abilitanti riservati, da svolgere nelle singole
università, soprattutto per quelle classi di concorso più affollate. Per
introdurre la prova nazionale, il Miur ha preparato un secondo decreto,
di tipo organizzativo, di rango giuridico inferiore al primo, cui si
accompagna, che come l’altro è ancora privo di numero, poiché diventerà
efficace solo dopo la loro registrazione: la verifica, si legge nella
bozza del decreto, si comporrà di “70 quesiti a risposta multipla”.
Anche se non si tratterà di una vera e
propria selezione, il Miur ha deciso di introdurre una logica
fortemente meritocratica: sino a 42 risposte esatte, infatti, il
candidato non riscuoterà nemmeno un punto; solo dalla 43esima risposta
corretta, l’aspirante docente si vedrà assegnare +1,25 punti ad item
giusto e -0,50 per ognuno errato, sino ad un massimo di 35 punti.
Solamente coloro che riusciranno a fornire, quindi, un davvero congruo
numero di risposte esatte, avranno la certezza che dal prossimo autunno
potranno iniziare a frequentare il percorso universitario abilitante.
Ogni corso prevede una lunga serie di
insegnamenti in aula, per un totale di 41 crediti formativi. Sulla
serietà dei corsi, da viale Trastevere non transigono: basta dire che le assenze accettate non dovranno superare la stessa percentuale prevista per il Tfa ordinario (non più del 10%).
Inoltre, le lezioni si terranno in capoluoghi di provincia o di
regione, in linea di massima nelle ore pomeridiane e di sabato. Sono
previste anche delle fasi intensive, da svolgere direttamente nelle
scuole nei periodi di sospensione delle attività didattiche.
Al termine di ogni insegnamento sono
previste le verifiche. Che, solo se superate, potranno far conseguire
all'abilitando da 30 a 50 punti. È prevista, inoltre, una prova di fine
corso abilitante: andrà ad accertare la preparazione professionale
dell'abilitando e che sarà valutata con un punteggio massimo di 15
punti.
Ora, poiché il titolo di abilitazione
sarà conseguito solo se il candidato riuscirà ad ottenere un punteggio
complessivo di almeno 60/100, viene da sé che coloro che porteranno a
casa pochi punti in occasione della prova nazionale saranno praticamente
obbligati a conseguire il punteggio massimo. Sia nelle verifiche
intermedie, sia in occasione dell’esame finale da svolgere negli atenei.
In caso contrario, raggiungere il punteggio minimo sarebbe praticamente
impossibile. E l’abilitazione sfumerà.
“Si tratta - ci ha detto ancora il capo dipartimento del Miur - di
una misura assunta consapevolmente dal Ministro, per smentire tutti
coloro che sino ad oggi hanno associato i Tfa speciali ad una sanatoria.
Ed ha anche una sua logica interna, in quanto consente a tutti coloro
che non si sono collocati nelle prime posizioni, sì da poter frequentare
la prima edizione del percorso abilitante speciale, di rafforzare la
propria preparazione nell’attesa delle successive edizioni”.
Insomma, dal Miur, quindi, c’è intenzione di dare sempre meno rilevanza
all’anzianità di servizio. E di più alle prove selettive.
Tanto è vero che anche se a viale
Trastevere non vogliono sentir parlare di prova selettiva, di fatto i
candidati ai Tfa che faranno riscontrare votazioni basse sia in
occasione delle verifica nazionale sia negli esami conclusivi di ogni
insegnamento si ritroveranno con un pugno di mosche in mano.
Per questi motivi ribadiamo che i
docenti non dovranno fare l’errore di affrontare con superficialità il
Test selettivo, ma dovranno prepararsi seriamente. A partire
dalla prova nazionale. L’obiettivo è ottenere almeno 5-10 punti: solo in
tal potranno assicurarsi un margine per arrivare a centrare i 60
centesimi utili per portare a casa l’agognata abilitazione.
Tecnica della Scuola