La disoccupazione si può combattere
in tanti modi. Anche alleggerendo il carico di ore di attività
professionale dei lavoratori prossimi alla pensione. E cedere la quota
di lavoro settimanale ai giovani. Un po’ alla chetichella, senza troppi
annunci, il progetto ha trovato compimento. Si tratta del decreto del
ministero del Lavoro sul patto tra generazioni, approdato in questi
giorni in Gazzetta Ufficiale e che ora entra nella fase operativa, dopo
aver incassato il via libera dalla Corte dei Conti e dopo che sono state
stabilite anche le quote regionali per la sua attuazione.
L’obiettivo del legislatore è
semplice: coniugare l`occupazione giovanile e la salvaguardia dei
lavoratori giunti a ridosso dal lasciare l’occupazione. Così, quella che
si realizzerà dovrebbe essere una vera e propria “staffetta” tra i
lavoratori più maturi e quelli lasciati sino ad oggi ai margini
dell’occupazione per mancanza di spazio.
Il meccanismo è semplice: coloro che
sono prossimi alla pensione potranno accedere (volontariamente) al
part-time e lasciare dunque una parte del proprio lavoro a un giovane,
in cambio dell`assunzione da parte delle aziende di quest`ultimo a tempo
indeterminato. Anche se all’inizio solo nella veste di apprendisti.
Per agevolare l’operazione, le
aziende beneficerebbero di un contributo statale: sarà infatti il
soggetto pubblico a farsi carico del differenziale contributivo da versare all`Inps a
favore del lavoratore anziano, in modo da non nuocere sulla sua
copertura previdenziale. Il lavoratore, quindi, avrà uno stipendio
ridotto, in proporzione al numero di ore che svolgerà in meno
settimanalmente. Ma la scelta non inciderà negativamente sulla pensione.
Il Decreto prevede, quindi, ben
cinque attori attivi: i soggetti pubblici, gli enti previdenziali, le
aziende, i lavoratori anziani e quelli giovani. Tra i vincoli previsti
che quello che i numeri degli impiegati non si sbilanciato in negativo.
In pratica, per ogni pensionando che andrà in part time dovrà
corrispondere un giovane da assumere come apprendista.
Soddisfatto il ministro del Lavoro, Elsa Fornero:"L'idea
di un patto fra generazioni è certamente una prospettiva, anche etica,
di grande respiro, che si auspica possa in futuro sostenere azioni
concrete per disegnare una società più equa e più inclusiva". E così "si
assicura la salvaguardia dei livelli di occupazione per le nuove
generazioni e si mantengono condizioni di reddito accettabili per le
fasce di popolazione meno giovani".Tra
i sostenitori del decreto c’è il presidente di Italia Lavoro, Paolo
Reboani. Secondo cui con la pubblicazione in gazzetta del decreto
ministeriale sul patto tra generazioni si supera "finalmente, la
sterile opposizione tra giovani e anziani nel mondo del lavoro: il
progetto ha un`importante valenza etica e sociale" e "potrà
essere un modello anche per risolvere il problema di una parte degli
esodati, se valutiamo che secondo i nostri calcoli con 40 milioni di
euro potremo avere 3.000 nuovi assunti e un numero corrispondente di
lavoratori accompagnati alla pensione in modo produttivo".
Il mondo della scuola, dove a
“spingere” per trovare un’occupazione stabile sono diverse decine di
migliaia di docenti e Ata e nel contempo vi sono altrettanti lavoratori
avanti con gli anni stanchi ed esausti, dovrebbe guardare con interesse
ad un modello del genere. Moltissimi dipendenti prossimi alla pensione,
con un numero di anni di servizio tra i 30 e i 40 anni, rinuncerebbero
probabilmente volentieri ad una parte del loro stipendio in cambio di un
alleggerimento del carico di lavoro. La riduzione di stipendio,
inoltre, verrebbe parzialmente compensata dal fatto che l’assegno
mensile, dopo tanti anni di lavoro, è in genere del 30-40% maggiorato
rispetto a quello dei colleghi più giovani. Il problema è che lo Stato,
soprattutto in questo momento di crisi finanziaria, non sarebbe in grado
di sopportare la copertura previdenziale per un numero troppo alto di
lavoratori. E si allora si pensasse di dare questa possibilità almeno ai
3-4mila rimasti penalizzati dalla riforma pensionistica? Per i
cosiddetti “Quota 96” non si tratterebbe di certo della soluzione. Ma
almeno si ridurrebbe la portata del danno subito.
Tecnica della Scuola