Lo Stato italiano non può usare due
pesi e due misure. A sostenerlo è il giudice del Lavoro di Torino, che
esaminando un ricorso dell’associazione sindacale Anief ha sottolineato
che poiché nella ricostruzione di carriera ai docenti di religione
cattolica vengono considerati, ai fini degli “scatti” biennali
automatici, anche tutti gli anni di precariato, lo stesso calcolo deve
venire per forza di cose adottato anche per gli insegnanti delle altre
materie.
Nella sue sentenza il giudice del
Lavoro ha condiviso e riportato la motivazione della Corte d'Appello di
Torino, che di recente ha rilevato come “[...] la
norma di cui all’art. 53 legge 312/1980, che prevede l’attribuzione al
personale non di ruolo docente, educativo e non docente, di aumenti
periodici per ogni biennio di servizio prestato, a partire dal 1.6.1977,
in ragione del 2,50% sulla base dello stipendio iniziale, risulta
esplicitamente richiamato sia dall’art. 142 CCNL 2002 - 2005 Comparto
Scuola, sia dall’art.146 del successivo CCNL 2006 - 2009, sicché essa
deve ritenersi applicabile prima facie al trattamento economico di tutto
il personale docente non di ruolo”.
Per il giudice
del Lavoro, quindi, non vi sono dubbi: su questo punto, sulla
considerazione del precariato ai fini degli aumenti retributivi
automatici biennali, “va rispettato il principio di non discriminazione ex art. 6 d.lgs 368/01”perché “un’interpretazione
difforme si tradurrebbe in un ingiustificato privilegio, di dubbia
costituzionalità, in favore degli insegnanti di religione”. Anche perché, conclude la sentenza, non vi sono “ragioni ostative per l’equiparazione discendenti dalla natura del contratto a termine”.
Secondo l’Anief, la sentenza di Torino rappresenta “un
ulteriore e soddisfacente successo a tutela di una nostra iscritta con
conseguente riconoscimento del diritto alla progressione stipendiale
che, nonostante gli anni di lavoro a tempo determinato prestati alle sue
dipendenze, il Miur non le aveva mai corrisposto”.
La sentenza cosa comporterà? Per il
dicastero di viale Trastevere il danno economico non sarà altissimo: il
Miur è stato infatti condannato al pagamento degli scatti biennali sino
ad oggi non corrisposti alla ricorrente, quantificati in 1.570,10 euro,
con ulteriore soccombenza per le spese di giudizio liquidate in 1.100
euro. Qualora però altri docenti (potenzialmente la grande parte di
quelli di ruolo, quindi centinaia di migliaia, che prima di diventare
tali hanno svolto diversi anni di precariato) dovessero chiedere la
medesima equiparazione, è probabile che quanto espresso dal giudice di
Torino possa rappresentare un precedente che fa, come si dice in gergo
tecnico, “giurisprudenza”. Andando così a determinare il rischio di un
effetto-cascata. Di cui il Miur farebbe volentieri a meno. In questo
caso, infatti, le somme che andrebbero corrisposte sarebbero di ben
altro tenore.
Tecnica della Scuola