Il 4 settembre, mentre i sindacati
più rappresentativi incontravano l’amministrazione per confrontarsi su
temi scottanti, come gli annunciati prossimi concorsi pubblici e i nuovi
criteri di assegnazione del personale sui posti vacanti, i precari
della scuola si sono organizzati per far sentire la loro contrarietà al
nuovo modello di reclutamento. Alcune centinaia, facenti capo a varie
organizzazioni e movimenti, come il Comitato precari scuola, ma anche a
sindacati minori, come l’Anief e l’Usi, si sono dati appuntamento
davanti alla scalinata del Miur. Spiegando, attraverso varie
testimonianze, rilasciate sotto la pioggia attraverso un megafono
amplificato, i motivi della loro opposizione al concorso a cattedre.
I rappresentanti che hanno preso la
parola hanno spiegato che il ritorno della selezione nazionale-regionale
anziché rivelarsi una opportunità in più rischia di ricacciare indietro
tanti supplenti storici. Che, dopo anni e anni di precariato, giunti ad
un passo dal traguardo (l’agognata immissione in ruolo) si potrebbero,
infatti, vedere allungato il periodo di attesa. Alla riduzione di posti,
all’elevazione dei requisiti per andare in pensione e alla
riconversione sempre più forzata del personale di ruolo (con docenti che
si ritroveranno dietro la cattedra pur senza abilitazione!), dovranno
infatti presto fare i conti con i vincitori del concorso pubblico: che a
partire dalla prossima tornata sottrarranno loro migliaia di posti
disponibili, riservati non più solo a coloro che sono presenti nelle GaE
e nel liste di merito, ma anche a coloro che usciranno dai Tfa e ai
vincitori di concorso spuntati dalle “retrovie”.
I concetti dei precari sono stati riassunti in un documento, nel quale spiegano che “non
accetteranno alcun’altra soluzione che prescinda dalla stabilizzazione
di tutti i precari attualmente e meritevolmente inseriti nelle
Graduatorie, dal rifinanziamento urgente della scuola e dal rispetto
degli itinerari formativi e dell’esperienza maturata dai docenti
precari. Il reclutamento e la formazione dei docenti non possono essere
merce di scambio elettorale o strumenti di propaganda, ma dovrebbero
essere oggetto di un ampio e serio dibattito”.
Dei tanti punti indicati nel
documento ve ne sono poi due che riteniamo particolarmente indicativi:
quelli secondo cui l’indizione del concorso “calpesta
la Legge 206/2006, che prevede l’assunzione di tutti i docenti inseriti
nelle Graduatorie ad esaurimento e snobba le direttive europee (1999/70
CE), che obbligano ad assumere precari che abbiano stipulato almeno tre
contratti di lavoro continuativi”. E poi “discrimina
i docenti ancora inseriti nelle Graduatorie di merito e ad esaurimento
sottoponendoli a nuove, umilianti e inutili prove nonostante abbiano gli
stessi requisiti dei docenti che dal 2000 ad oggi sono stati immessi in
ruolo senza ulteriore concorso, creando una sperequazione inaccettabile”.
Tra i manifestanti c’era anche Marcello Pacifico, il presidente dell’Anief, che ha ribadito “l'inopportunità
di un concorso a graduatorie strapiene di precari, proprio quando,
persino i trentasettenni aspiranti a svolgere i Tfa, come risulta la
media anagrafica dei candidati rilevata dal Cineca, non potranno
partecipare. Altro che giovani e meritevoli: prima di raggiungere il
ruolo – ha concluso Pacifico - questi precari rischiano di invecchiarsi”.
Secondo Giuseppe Martelli, leader dell’Usi, è anche “necessario che gli altri sindacati maggiori si rendano conto della situazione drammatica in cui versano i precari della scuola. Perché
la loro collocazione in ruolo deve diventare argomento fisso nelle
strategie di confronto con il Ministero. In caso contrario, se
prevarranno le logiche dell’amministrazione, si rischia di continuare a
mettere da parte le priorità”.
Tecnica della Scuola