di Alessandro Giuliani
Con le leggi e riforme approvate dal governo
Monti possono ritrovarsi già tra due anni senza stipendio e pensione. Il
pericolo è reale: l’ex ministro Damiano ha inserito prof e Ata tra le
categorie a rischio. Centinaia di dirigenti potrebbero esserlo già da
settembre. Intanto il Miur torna a dare lo stipendio ai docenti inidonei
di Lazio, Lombardia e Piemonte rimasti senza assegno per via della
burocrazia.
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Per fortuna non figurano tra i 65.000 esodati conclamati, tutti i dipendenti vicini al pensionamento che usufruendo delle vecchie regole previdenziali avevano accettato esodi incentivati ma che per
effetto della riforma pensionistica Fornero-Monti hanno ora alte
possibilità di rimanere, anche per diversi anni, senza stipendio e
pensione.
Però c’è anche il personale della
scuola tra i dipendenti che potrebbero, nel futuro prossimo, annoverarsi
tra quelli privati della possibilità di avere l’assegno lavorativo o
pensionistico a fine mese: a seguito sempre delle norme
dell’inasprimento dei requisiti per lasciare il servizio, ma soprattutto
dell’applicazione della Legge di Stabilità 2012, attraverso
l’approvazione della Legge 183/11, in vigore da dicembre, è infatti previsto che il
personale della pubblica amministrazione in esubero possa essere messo
in mobilità all’interno della regione. Chi di questi lavoratori non
potrà essere ricollocato (soprattutto chi è avanti con l’età, quindi
impossibilitato per scarsità di tempo ad acquisire nuovi titoli di
studio e abilitazioni all’insegnamento) potrebbe scattare la cassa
integrazione di 24 mesi a stipendio ridotto, al termine dei quali –
qualora non vi fosse ancora collocazione alternativa – si potrebbe
arrivare anche al licenziamento.
La legge, la stessa che “allo scopo
di evitare duplicazioni di competenza tra aree e profili professionali,
negli istituti di scuola secondaria di secondo grado ove sono presenti
insegnanti tecnico-pratici in esubero”, prevede di accantonare “un pari
numero di posti di assistente tecnico”, potrebbe determinare in pratica
le condizioni per lasciare senza stipendio e senza pensione (come gli
esodati) tutti i docenti soprannumerari che in tanti anni non ha avuto
il modo o la forza per acquisire altre abilitazioni. E ricollocarsi.
L’ultima “ciambella” di salvataggio l’ha lanciata pochi giorni fa il
Miur, attraverso la pubblicazione del decreto numero 7, che permetterà
di riconvertirsi sul sostegno dopo
aver seguito con profitto 400-450 ore di corsi e tirocinio. E per
conoscere i primi effetti di questa politica non occorre attendere
troppo tempo: qualcuno potrebbe incappare nelle maglie della mobilità
coatta biennale e con stipendio ridotto già nella prossima estate.
Insomma, i tempi del Testo Unico della scuola, in base al quale era
previsto che, in caso di mutamenti ordinamentali e soppressione di
insegnamenti, l’amministrazione avrebbe dovuto farsi carico della
ricollocazione del personale in esubero, sembrano ormai messi nel
dimenticatoio.
Del fatto che il pericolo non sia
solo teorico sono convinti pure i sindacati. Secondo Domenico Proietti,
segretario confederale della Uil con delega alle Politiche fiscali e
previdenziali, “per i prossimi 4 anni, si prevedono altri 130mila
lavoratori che si troveranno senza un salario e senza una pensione”. E
tra questi, seppure indirettamente, potrebbero trovarsi pure docenti e
Ata. Ma non solo. Nella scuola ci sarebbero anche altre situazioni a rischio. Un mese fa, ad esempio, l’Anp aveva denunciato il
pensionamento coatto da parte dell’amministrazione di qualche centinaio
di dirigenti scolastici, senza però aver adeguatamente verificato che
questi avessero i requisiti per riscuotere l’assegno pensionistico.
Anche l’ex ministro Cesare Damiano,
oggi capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, ha chiesto che
nell’incontro di mercoledì prossimo, 9 maggio, con il ministro Elsa
Fornero vengano finalmente previste delle “clausole di adeguamento
automatico delle risorse che siano in grado di coprire le necessità che
derivano dai numeri reali dei lavoratori che sono rimasti intrappolati,
cioè senza stipendio e senza pensione”. Tra questi, Damiano annovera
“lavoratori in mobilità, lavoratori che si sono licenziati
individualmente dalle piccole imprese, esodati da Poste, Eni e Telecom,
lavoratori della scuola e persone che continuano a versare contributi
volontari per il raggiungimento della pensione”.
Intanto, tornano a sorridere quei
docenti dichiarati permanentemente inidonei - in Lazio, Lombardia e
Piemonte – e quindi dispensati dal servizio, a cui era stata sospesa la
pensione a seguito di un “bug” normativo-burocratico, derivante in
particolare dalle rigide indicazioni dell’Inps-Inpdap e dalla non
avvenuta registrazione da parte degli organi di controllo. Dopo aver
diverse sollecitazioni, soprattutto da parte dei sindacati, il Miur ha
dato disposizione, attraverso una nota del 4 maggio, Prot. n. AOOODGPER 3391,
di reinserire questo personale “nel posto su cui era stato
precedentemente utilizzato (biblioteca, segreteria scolastica, ecc),
revocando la dispensa già disposta e riattivando la partita di spesa
fissa per il pagamento dello stipendio”. Il tutto in attesa che si
comprenda se per gli stessi dipendenti, ormai ex docenti, si avrà ancora
“la possibilità o meno di disporne la dispensa anche dopo l’entrata in
vigore del DPR n. 171/2011”.
fonte: La Tecnica della Scuola