domenica 9 settembre 2012

Ci sarà un concorso a cattedra ogni due anni, parola di Elena Ugolini

Roma, 10 settembre 2012 - RIUSCIRE a far stare nei tempi strettissimi del mandato politico ai tecnici una serie di misure capaci di trascinare la scuola italiana fuori dal gorgo in cui s’è cacciata, è la scommessa micidiale che Elena Ugolini ha fatto con se stessa quando ha accettato il ruolo di sottosegretario alla Pubblica istruzione. Nel megaministero di viale Trastevere, perennemente assediato da precari di ogni ordine e grado, il sottosegretario sciorina i dati qualificanti della nuova scuola. Che viaggiano su tre binari paralleli: più istruzione tecnica e professionale; nuovi sistemi di valutazione e di autovalutazione delle istituzioni scolastiche; prosciugamento del pozzo senza fondo del precariato e creazione di un percorso non a ostacoli per chi vuole fare l’insegnante.

Un programma molto ambizioso.
«Siamo qua per questo. Con i miei collaboratori ci ripetiamo continuamente i nostri obiettivi, per essere sicuri di non lasciare nulla indietro».
Ma intanto, in questi giorni le scuole aprono i battenti. Le cose funzioneranno meglio?
«Credo di sì. Abbiamo lavorato in sinergia con provveditorati e istituti per condizionare al massimo la continuità didattica».
I Cobas però contestano i vostri concorsi...
«Non possiamo inventarci i posti. Così come uno non può alzarsi la mattina e dire: ‘Adesso fabbrico un miliardo di euro’. In questo momento non potevamo bandire un concorso per 30mila. Poi, può darsi che si riesca a risparmiare su altri fronti e l’anno prossimo si possa allargare l’offerta formativa, fare percorsi fessibili, fare più tempo pieno. Ma non possiamo continuare a spendere quello che non abbiamo».
Chi era in dirittura d’arrivo ora rischia di vedersi scavalcato...
«Aver messo a bando questi posti dà la possibilità alle persone brave che sono nelle graduatorie a esaurimento e che sono magari 50esime di potersi mettere alla prova e di entrare in ruolo prima di avere i capelli bianchi».
E chi non ce la fa?
«Nelle graduatorie a esaurimento ci sono 162 mila persone abilitate con un’età media di 42 anni, mentre la nostra scuola è ancora più vecchia, perché l’età media degli insegnati di ruolo è di 50 anni. Se non si comincia subito, quando potrà mai darsi una svecchiata alla nostra scuola? Vogliamo dare la possibilità alle persone in graduatoria di entrare in ruolo, ma senza escludere i giovani laureati. Per questo i Tfa (i Tirocini Formativi Attivi) reintroducono dei percorsi abilitanti che entro due, tre anni dovranno diventare percorsi formativi di tipo universitario. La vera sfida è di non ricominciare con i nuovi abilitati a fare quello che è avvenuto finora».
I prossimi obiettivi?
«Il bando di concorso entro il 24 settembre per poter mettere in ruolo nel 2013 i 12mila nuovi insegnanti. Varare entro Natale le nuove modalità di reclutamento per bandire subito un altro concorso che dovrebbe avere cadenza biennale e avviare le lauree magistrali ad indirizzo didattico al posto del biennio specialistico».
Resta il tema della formazione tecnico-professionale.
«Certo. Bisogna far nascere i poli tecnico-professionali previsti dall’articolo 52 del Decreto Semplificazione e Sviluppo. L’idea è quella di botteghe-scuola in cui imparando a svolgere un mestiere, s’impara a calcolare, studiare, capire e descrivere in un italiano o in un inglese perfetto quello che si è costruito».

di Stefano Grassi